Zucchero: nemico pubblico o capro espiatorio?
Lo zucchero oggi sembra essere il nemico pubblico numero uno, un ingrediente da evitare a tutti i costi, demonizzato in ogni dove e paragonato alle sostanze più pericolose, dalle sigarette alle anfetamine. Ma è davvero così? Questa fobia dello zucchero è fondata o stiamo cadendo in una trappola di disinformazione? Spoiler: la seconda.
Negli ultimi anni, si è diffusa l'idea che lo zucchero crei una dipendenza pari a quella delle droghe. Si sentono spesso frasi come "lo zucchero è come la cocaina" o "lo zucchero è una droga più potente dell'eroina". Frasi ad effetto, certo, che fanno presa, ma che, se analizzate, sono del tutto infondate e, diciamocelo, pseudoscientifiche.
Il cervello non è un tossicodipendente dello zucchero.
Come spesso accade in queste situazioni di disinformazione e allarmismo, l’oggetto stesso della superstizione non è ben chiaro nemmeno a chi la diffonde. Talvolta sembra che ci si riferisca allo “zucchero” (saccarosio), altre volte invece l’attacco pare essere indirizzato agli “zuccheri” (qualsiasi genere di carboidrati). Anche questa volta, l’obiettivo di questo articolo è portare chiarezza, sostituendo la paranoia della disinformazione con la risolutezza dell’evidenza scientifica.
Partiamo dal principio: il nostro cervello per funzionare in modo ottimale ha bisogno di glucosio. Lo “zucchero” (saccarosio, quello che usiamo comunemente) è composto da glucosio e fruttosio. Quando lo mangiamo, il nostro corpo lo scompone in queste due molecole che vengono poi assorbite, passando per il fegato. Nel fegato, il fruttosio viene convertito in glucosio e poi rilasciato nel sangue. Il glucosio è la principale fonte di energia per le nostre cellule, inclusi i neuroni. È un carburante essenziale, non un veleno.
Il nostro organismo è attrezzato per produrre glucosio a partire da quasi qualsiasi altra molecola glucidica (amido, fruttosio, lattosio), e persino a partire dalle proteine. Se eviti i carboidrati compensando mangiando più carne, pesce e uova, parte di quelle proteine diventerà glucosio. Tale è l’essenzialità di questo nutriente.
Le teorie sulla "dipendenza da zucchero" spesso si basano su studi condotti sui ratti, in cui si osservano comportamenti di "ricerca compulsiva" dello zucchero. Ma questi studi sono, nella migliore delle ipotesi, fuorvianti. I ratti in questione venivano privati del cibo per lunghi periodi e poi esposti a una fonte concentrata di zucchero. In queste condizioni è ovvio che mostrassero un forte interesse per l'unica fonte di energia disponibile. È una risposta biologica alla fame, non una dipendenza. Non è che, se affamato, un essere umano "sviluppi una dipendenza" dall'acqua o dal pane.
Un altro punto fondamentale è la differenza tra il sistema di ricompensa e il sistema della dipendenza.
Certo, quando mangiamo qualcosa di buono, soprattutto se dolce, il nostro cervello rilascia dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa. Questo è un meccanismo evolutivo che ci spinge a cercare cibo e a sopravvivere. Ma questo meccanismo è attivo per tutti i cibi che troviamo gradevoli, non solo per lo zucchero! Tanto un buon piatto di pasta quanto un hamburger, tanto una pizza quanto una bistecca, persino un buon bicchiere d'acqua fresca dopo un allenamento intenso possono attivare il nostro sistema di ricompensa. Questo non significa che siamo "dipendenti" dall'acqua, dalla bistecca o dalla pasta.
La vera dipendenza, quella da sostanze come la cocaina o l'eroina, implica cambiamenti neurochimici profondi nel cervello, con sintomi di astinenza gravi e una perdita di controllo significativa. Lo zucchero, semplicemente, non provoca questi effetti. Non ci sono prove scientifiche che dimostrino che lo zucchero alteri la chimica del cervello in modo comparabile alle droghe.
Paragonare un dolce a un'anfetamina è un'esagerazione drammatica e un insulto alla complessità delle dipendenze.
Il contesto è tutto: zucchero e moderazione.
Come per qualsiasi alimento, il problema non è lo zucchero in sé, ma la quantità e il contesto in cui lo consumiamo. Una dieta ricca di zuccheri aggiunti, soprattutto se provenienti da bevande zuccherate e cibi ultra-processati, è associata a un maggior rischio di sviluppare malattie metaboliche, obesità e problemi cardiovascolari. Ma attenzione: la colpa non è della singola molecola di zucchero, bensì dell'eccesso calorico generale e della mancanza di nutrienti che spesso caratterizzano queste diete.
Non credere a me: consulta le linee guida. È considerato adeguato un apporto di carboidrati totali compreso tra il 45 e il 60% dell’energia (metà o più!) e un apporto di zuccheri compreso tra il 15 e il 25% dell’energia totale. Cosa si intende per “zuccheri”? “Comprendono gli zuccheri naturalmente presenti in latte, frutta e verdura, e gli zuccheri aggiunti.” Lo zucchero della marmellata non è qualitativamente diverso da quello della frutta. Non è “tossico” o “infiammatorio”, né crea dipendenza. Facciamo un passo ulteriore e traduciamo queste percentuali in numeri. In una dieta da 2000kCal dovrebbero essere presenti da 75 a 125g di zuccheri semplici. Un normale biscotto frollino contiene circa 3-4g di zucchero. C’è qualcosa che mi sfugge?
È lo stesso principio che vale per gli additivi di cui abbiamo parlato in uno degli ultimi articoli: il problema non è l'additivo in sé, ma l'alimento in cui è contenuto. Se la nostra dieta è basata su alimenti freschi e minimamente processati, un piccolo quantitativo di zucchero ogni tanto non farà alcun danno. Al contrario, se la nostra alimentazione è costellata di dolciumi, bevande zuccherate e snack raffinati, gli zuccheri sono l'ultimo dei problemi (i primi sono lo stile di vita sedentario e l’eccesso di calorie, grassi saturi e sodio).
La soluzione non è l'eliminazione totale e la demonizzazione, ma l'equilibrio e la consapevolezza. Il nostro corpo è una macchina incredibilmente versatile e capace di gestire una vasta gamma di nutrienti. Un approccio "tutto o nulla" allo zucchero è spesso insostenibile e controproducente, oltre che insensato. Può portare a ossessioni alimentari, sensi di colpa e, paradossalmente, a un rapporto ancora più problematico con il cibo.
Chi conosce è libero.
In un mondo in cui il "fitwashing" ci bombarda con messaggi allarmistici e soluzioni miracolose, è fondamentale fermarsi un attimo e usare il buon senso. La scienza, quella vera, ci dice che lo zucchero non è una droga e che una dieta equilibrata include spazio anche per i piaceri della tavola, zucchero compreso.
Non dobbiamo temere lo zucchero come se fosse un veleno, ma imparare a gestirne il consumo all'interno di un'alimentazione varia e bilanciata. Questo significa fare scelte consapevoli, prediligendo alimenti freschi e integrali, e concedendosi un dolce o una bevanda zuccherata con moderazione e senza sensi di colpa.
La vera libertà alimentare non è bandire alimenti, ma conoscerli e saperli contestualizzare.
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Matteo