La perversione del microbiota intestinale

Un'immagine surreale e astratta di un ponte che sembra collegare due mondi capovolti, con il mare sopra e il cielo sotto, creando una prospettiva distorta e disorientante. La scena evoca un senso di realtà alterata o invertita.

Negli ultimi 2-3 anni il microbiota intestinale è diventato un tema centrale di molti discorsi sulla salute. Effettivamente, l’argomento è veramente affascinante: migliaia di miliardi di batteri nell’intestino legati intimamente alla salute del loro ospite (l’essere umano). Sono state riscontrate variazioni del microbiota intestinale in correlazione a variazioni di peso, a malattie metaboliche (come il diabete di tipo 2) e persino a disturbi dell’umore.

 

Se ci lasciamo prendere troppo la mano rischiamo per finire di pensare che determinati disturbi o patologie possano essere diagnosticati analizzando il microbioma o, peggio, che possano essere trattati o curati agendo sul microbioma.

 

… Cosa? È già successo?

 

Il problema alla radice è sempre lo stesso: come esseri umani facciamo fatica a distinguere il concetto di correlazione da quello di causalità. Non è l’alterazione del microbioma a causare l’aumento di peso o la patologia. È l’aumento di peso o la patologia che induce una variazione di numero, specie e ceppo nei batteri che abitano il nostro intestino. Allo stesso modo, ad oggi è impensabile trattare obesità o altre patologie con un probiotico. Sarò molto felice di aggiungere qui di seguito una correzione se in futuro ciò dovesse cambiare.

 

È vero che alcune meta-analisi hanno mostrato modeste riduzioni del peso con la sola assunzione di probiotici, ma parliamo di variazioni minime (<1kg) e clinicamente irrilevanti.

 

In altre parole, le variazioni del microbiota intestinale sono solo un altro sintomo.

 

Ci troviamo di fronte all’ennesima semplificazione di un concetto scientifico complesso a fini commerciali.

 

1. Cosa sappiamo davvero sul microbiota?

 

Il microbiota o, per usare un termine più inclusivo, microbioma intestinale (questa parola si riferisce non solo ai batteri, ma all’ecosistema in toto: metagenoma, metaboliti, temperatura e altre condizioni fisiche e chimiche) è un insieme di batteri, archeobatteri, virus, funghi e protisti che vivono più o meno pacificamente all’interno dell’intestino umano. Ecologicamente, il tuo intestino non è meno interessante di una foresta pluviale.

 

Negli ultimi decenni sono state individuate sempre più funzioni chiave del microbioma. In particolare, siamo assolutamente certi del ruolo centrale di questi microorganismi nella digestione di determinati nutrienti (come la cellulosa), nella produzione di alcuni micronutrienti (come la vitamina K), e nella modulazione e “addestramento” del sistema immunitario.

 

Il microbioma intestinale può variare radicalmente da individuo a individuo sulla base di differenze genetiche, di stile di vita, di età, di patologie e composizione corporea. La nostra effettiva comprensione del microbioma è appena agli albori. Stiamo iniziando a renderci conto di queste differenze, ma è decisamente troppo presto per parlare con certezza delle loro cause e conseguenze.

 

2. I test del microbiota non hanno senso.

 

Sull’onda dell’hype di cui l’argomento microbiota intestinale ha “goduto” degli ultimi anni, sono spuntati come funghi servizi che ci illudono promettendoci di riuscire a condurre delle analisi accurate sul nostro microbioma intestinale, promettendoci di essere in grado di interpretare queste analisi con totale certezza, e promettendoci di essere in grado di proporci una soluzione ai presunti problemi del nostro microbioma.

Per nostra fortuna, la scienza è pubblica: possiamo essere certi che chi ci propone questo genere di soluzioni la sta sparando grossa.

 

Questi sono, in sintesi, i motivi per cui nel 2025 non ha senso effettuare uno screening del microbioma intestinale:

 

  • I test vengono svolti sulle feci. Non siamo ancora in grado di tradurre accuratamente le analisi del microbioma fecale a dati sul microbioma intestinale (e non è detto che riusciremo mai a farlo). È un po’ come sperare di riuscire a valutare le proprietà fisiche, chimiche e microbiologiche di un’acqua alla sorgente prelevando un campione 2000m più a valle.

  • La tecnica di analisi del materiale fecale non è standardizzata, né tantomeno validata scientificamente. I metodi usati variano da laboratorio a laboratorio, sia per quanto riguarda l’estrazione del DNA che per le piattaforme di sequenziamento e l’analisi bioinformatica. Questo rende difficile, se non impossibile, confrontare i risultati tra soggetti o nel tempo.

  • Non esiste uno standard universale di riferimento per un “microbioma sano”. Come abbiamo visto prima, il microbioma varia profondamente da individuo a individuo, anche a parità di stato di salute. Al momento, pretendere di confrontare un determinato microbioma con uno “ottimale” come si fa per i valori del sangue è scientificamente infondato. Questo rende l’interpretazione di risultati arbitraria, basata su banche dati (quando va bene) incomplete e soggette a bias di selezione.

  • Anche la variabilità intra-individuale è elevata! Il microbioma può cambiare drasticamente in poche settimane in risposta a modifiche di alimentazione e stile di vita, terapie farmacologiche, viaggi, infezioni (anche non a carico dell’intestino) e stress. Un singolo prelievo di feci è un’istantanea con scarso valore rappresentativo.

  • Le raccomandazioni che derivano da questi test sono generiche (ad esempio, potrebbero raccomandare di mangiare più frutta e verdura e fare più attività fisica) o, peggio, formulate per vendere integratori e probiotici “““personalizzati”””. In molti casi si finisce per ricevere consigli dietetici standard (da linee guida), mascherati come “strategie su misura”.

 

3. La salute non si compra: si guadagna.

 

Apro e chiudo una parentesi filosofica. I test del microbiota rappresentano l’esempio perfetto di un disturbo che ci affligge oggigiorno, come società: la sovra-quantificazione e l’iper-analisi. Siamo bombardati da informazioni che promettono soluzioni personalizzate, ma la verità è che molte di queste si rivelano semplicemente una commercializzazione del sapere scientifico, distorcendolo a fini economici. Questo crea un circolo vizioso: più dati generiamo, più ne chiediamo, ma senza una reale comprensione di cosa significhino o di come utilizzarli.

 

Tornando al microbiota, la chiave per mantenerlo sano è sorprendentemente semplice e, per nostra fortuna, non mercificabile: una dieta equilibrata e sana, ricca di frutta, verdura e cibi integrali (cereali, legumi), abbinata a uno stile di vita attivo e un riposo adeguato. Anche il consumo regolare di cibi fermentati (yogurt, kefir, tempeh, kimchi, ecc.) sembra essere associato un microbioma funzionale. L’alimentazione deve inoltre essere varia: così promuove la diversità microbica necessaria a garantire un microbioma sano, forte e robusto, che in cambio contribuisce al mantenimento di un sistema immunitario potente e preciso, oltre che al supporto di numerose altre funzioni fisiologiche.

 

Le scelte dietetiche sono uno strumento potentissimo, ma non sempre risolutivo. Non dobbiamo mai cadere nell’errore di pensare che esista una soluzione rapida o un trattamento capace di risolvere problemi complessi come obesità o diabete con un approccio sicuro e successo garantito. La scienza è incerta.

 

La vera sfida non è trovare la formula magica, ma abbandonare la ricerca di essa.

 

Se questo articolo ha innescato in te alcune riflessioni e vorresti condividerle con me, ti invito a farlo inviandomi un’e-mail all’indirizzo che trovi in fondo alla pagina. Sarò felice di leggerla e risponderti. Allo stesso modo, per qualsiasi domanda non esitare a scrivermi. Potrei usarla come spunto per uno dei prossimi articoli!

 

A presto,

 

Matteo

Avanti
Avanti

Zucchero: nemico pubblico o capro espiatorio?